Regione Calabria

La presenza, di tanti conventi e monasteri nella Città di Seminara fu fattore determinante per la formazione culturale di tanti personaggi che nelle scienze, nelle arti, nella letteratura, nella filosofia ed in particolar modo nella teologia furono maestri dotti di grande levatura.

 

  • Barlaam da Seminara

Tra i più importanti ricordiamo Barlaam di Seminara, il suo nome di battesimo era Bernardo, fu avviato agli studi in un monastero Basiliano e giovanissimo fu consacrato ieromonaco, piccolo di statura, ma dotato di fervida intelligenza e di eccezionale energia, fu abile oratore, insigne filosofo, teologo, letterato, scienziato, fine matematico, abile uomo politico e matematico. Questo illustre personaggio e tuttora ricordato per essere stato maestro di greco del Petrarca e per aver avuto un ruolo importante di intermediario nei rapporti tra le Chiese Greche e Latine, anche se non ottenne i risultati sperati ai fini della loro riconciliazione. Nel 1341 si trasferì a Napoli, dove ottenne da Re Roberto D’ Angio la Direzione della sua importante biblioteca, in questa Città fece conoscere la filosofia di Platone e proprio qui fu nominato, con bolla del 2 ottobre del 1342 Vescovo di Gerace, molti furono i suoi scritti in greco e latino, alcuni dei quali rimasero inediti, riconosciuto come il massimo Teologo bizantino calabrese, si formo spiritualmente e culturalmente nel Monastero Imperiale di Sant’ Elia e San Filarete di Seminara e nel Convento di Sant’ Elia di Galatro, nel 1328 venne chiamato dal nuovo Imperatore di Costantinopoli, Andronico III, e dal Gran Domenico Cantacuzeno nella capitale dell’ Impero Romano D’ Oriente divenendo il maggior Teologo della Chiesa di Bisanzio, proclamato maestro della teologia dal Divino Dionigi Areopagita, nel 1334, il Patriarca di Costantinopoli Giovanni XVI Caleca gli affido il compito di rappresentare la chiesa Ortodossa durante il tentativo unionistico con i rappresentanti della Chiesa latina, durante questo tentativo, la cui riuscita doveva portare anche ad un alleanza militare contro i turchi, nel 1339, Andronico III inviò Barlaam in missione segretissima ad Avignone presso Papa Benedetto XII, per trattare l’alleanza politico-militare tra il Papato gli Angioini e Bisanzio, la missione falli per reciproche ed insanabili diffidenze. Ritornato a Costantinopoli egli riprese l’ insegnamento, e in questo periodo che si scontra con Gregorio Palamas, il maggiore teologo dell’ esicasmo, cui i seguaci sostenevano, attraverso pratiche di preghiere  psicofisiche, con influssi mistico orientali di vedere la luce increata del monte tabor, la stessa vista dagli apostoli durante la trasfigurazione, Barlaam avversò con grande fervore gli esicasti, accusandoli di Messaliniamismo e, cioè, di pretendere di vedere L’essenza Divina con gli occhi del corpo, cosa negata persino da Platone, combattè, anche la loro tentazione di portare ciò che rimaneva dell’ impero di Bisanzio all’ isolamento totale. Accusato di latinofonia, venne dichiarato eretico nel concilio di Costantinopoli nel 1341 ed i suoi scritti bruciati davanti la porta di Santa Sofia. Il monaco lasciò Costantinopoli e si portò a Napoli dove riordino l’ imponente Biblioteca di Roberto D’ Angiò e conobbe Paolo da Perugia, aiutandolo a comporre l’opera a carattere mitologico le Collactiones, Giovanni Boccaccio che lo incontro personalmente tracciò un mirabile ritratto di Barlaam: “uomo di piccola statura ma di grande scienza e di maniera, nelle greche lettere dotto, che aveva privilegi di Imperatori e Principi greci e dotti uomini…

 

  • Leonzio Pilato

Detto il Tessalo per la conoscenza della cultura greca, fu maestro di Petrarca e Boccaccio, traduttore dell’Iliade e dell’Odissea dal greco al latino si sostiene che nacque a Seminara nel primo decennio del XIV Sec. Da genitori di ceppo greco, ricevette come egli sostiene, i primi insegnamenti di lingue e cultura greca da Barlaam che gli fu maestro. Verso il 1341 lo troviamo a Napoli dov’è conosciuto come grande esperto di mitologia greca, verso il 1346 si reca nell’ isola di Creta a perfezionarsi nella lingua greca, qui rimane 10 anni e si procura da vivere tenendo lezioni per i figli della nobiltà veneziana, allora padroni dell’ isola, ritornato in Italia lo troviamo a Padova dove acquisisce grande fama per la sua straordinaria capacita di tradurre il greco, lingua allora quasi sconosciuta in Italia, Francesco Petrarca che li si trovava, possedendo un codice greco dell’Iliade, lo contatto perche traducesse opere immortali di Omero, Leonzio inizio la traduzione di 5 libri dell’Iliade secondo la tecnica antica del verbum de verbo che mirava a far rispettare assolutamente l’ opera con una riverenza quasi sacra per la parola in se stessa e con note di spiegazione, ai margini, di tipo parafrastiche, esegetiche del testo, questo modo di tradurre non piacque al Petrarca che cercava più lo spirito piuttosto che la lettera della traduzione, secondo i precetti di San Girolamo, arrivato al verso 3401, Leonzio abbandonò la traduzione dell’Iliade e decise di avviarsi ad Avignone sdegnato dell’atteggiamento del Petrarca. La partenza di Leonzio privava il Petrarca della possibilità di conoscere, nella lingua dei latini i poemi omerici, per questo ne parlò a Giovanni Boccaccio, il Boccaccio, memore di avere conosciuto Leonzio attraverso le parole esaltanti di Paolo da Perugia, si mise sulle tracce del seminarese e lo convinse a seguirlo a Firenze e portare a termine la più straordinario operazione culturale del 300: La traduzione completa dell’Iliade e dell’Odissea, Boccaccio convinse la Repubblica di Firenze ad istituire la prima cattedra in lingua greca in Italia, e dare a Leonzio Pilato la direzione didattica e tenere pubbliche lezioni di lingue e letteratura greca, Giovanni Boccaccio, che divenne il suo piu affezionato allievo, traccia, nella Genealogia degli Dei Pagani, un ritratto di Leonzio emblematico ed esaltante: “ Faccia turpe, barba e capelli disordinati, sempre occupato in assidua meditazione, grande nella lingua e letteratura greca inesauribile di mitologia greca..

Sempre in quegli anni Leonzio Pilato, viene chiamato a Pisa, traduce in latino il digesto, la parte greca delle pandette di Giustiniano. Per rendere cosa grata e utile a Giovanni Boccaccio, intento a portare a termine l’opera di carattere mitologico “La Genealogia degli Dei Pagani” il grande mitografo seminarese traduce dal greco al latino, L’Ecuba di Euripide, i Codici sono conservati nella Biblioteca Nazionale Medica di Firenze mentre i codici dell’Iliade e dell’Odissea sono conservati presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Negli anni altre traduzioni esso fece come il testo di filosofia forse più difficile in assoluto, La Fisica di Aristotele. Leonzio morì colpito da un fulmine, su una nave ai primi di dicembre del 1365.

 

  • Marcantonio Leone

Nel 1564 nasceva a Seminara un altro grande suo figlio, il Beato Leone, al secolo Marcantonio Leone appartenente all’ Ordine dei frati Francescani Cappuccini. Per la sua valentissima oratoria e dottissima sapienza venne inviato da suoi superiori a combattere, con la predica, contro i riformatori protestanti in Valtellina e nel Sud della Francia a contrastare i Calvinisti. L’apostolo della Calabria, cosi venne chiamato, amò cosi tanto Seminara che in data 20 Marzo 1586 fece stendere un “pubblico rogito” nel quale fece erede di tutti i suoi beni L’Università di Seminara con la clausola che entro quattro anni fosse eretto un Monte di Pietà di Seminara che fu il più importante dell’Italia Meridionale e durò fino alla metà del 1800 inserendosi benissimo tra i 16 istituti di credito che allora operavano nella Città.

 

  • Agazio di Somma

Un altro grande personaggio nato a Seminara nel 1591 periodo in cui la Città raggiunge un grado di sviluppo economico e culturale notevole. Egli fu scrittore famoso, titolare di importanti vescovadi, conosciuto nel meridione e nel regno per le sue conoscenze nel campo della teologia e per la vasta cultura generale.

 

  • Domenico Grimaldi

Se oggi la Calabria è una delle maggiori regioni produttrici di olio d’oliva del Paese, lo si deve indubbiamente a Domenico Grimaldi. Nato a Seminara nel 1734, morto nel 1805. Fu tra i principali fautori della trasformazione dell’agricoltura in Calabria, in particolare della produzione di olio d’oliva e di seta. Fu senza dubbio un visionario, capace di vedere le potenzialità commerciali nascoste nella sua terra ma, nonostante ciò, più volte osteggiato e incompreso, anche, e soprattutto, dai suoi conterranei. La sua formazione inizia con gli studi giuridici a cui il padre lo introdusse pensando, per lui, una carriera da giurista. Formatosi a Napoli, dove ebbe anche la possibilità di approfondire gli studi di economia, si trasferì a Genova, dove apprese importanti aspetti tecnici ed economici che più tardi metterà in pratica nella sua terra d’origine. La sua passione per l’agricoltura lo portò a viaggiare per l’Europa, da Parigi a Berna, dalla Provenza a Firenze, dove apprese importanti nozioni tecniche per la produzione dell’olio e della seta. A Firenze, in particolare, fu accolto nella prestigiosa Accademia dei Georgofili, al momento la più importante istituzione in materia di formazione in campo agricolo. Dopo la lunga serie di studi, viaggi e ricerche, nel 1770 Grimaldi scrisse il suo primo libro: Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra. In questo saggio è condensato il piano, rivoluzionario, che Grimaldi aveva in mente per trasformare l’agricoltura in Calabria e farla diventare, da mero strumento di sostentamento, un sistema di produzione commerciale. Uno studio lungo e dettagliato che avrebbe portato la Calabria a diventare una regione con una forte presenza industriale legata al mondo della produzione agricola, tessile e casearea. Tre anni dopo, nel 1773, dopo aver sperimentato in prima persona le nuove tecniche per la produzione di olio d’oliva, scrisse Istruzione sulla nuova manifattura dell’olio introdotta nella Calabria. ll primo step nel piano di Grimaldi riguardava la meccanizzazione dell’ulivicoltura  e il successivo investimento negli altri settori. Un percorso iniziato a Seminara, dove il padre possedeva una discreta quantità di terreni e dove introdusse il frantoio "alla genovese". Con questi frantoi moderni la produzione di olio fece un balzo avanti sia in quantità che in qualità, il che portò, molti anni dopo, gli olivicoltori  ad avere in mano uno strumento con cui entrare nei canali di commercio più importanti dell’epoca. Il maggiore profitto derivato da questa nuova tecnica, secondo il piano di Grimaldi, avrebbe portato gli imprenditori a investire e iniziare a produrre e commerciare la seta e altri prodotti derivanti dall’allevamento. Un piano, come già detto, che avrebbe dato i suoi frutti se eseguito su larga scala ma che dovette affrontare numerosi ostacoli: la mancanza di appoggio da parte degli altri imprenditori calabresi e l’eccessiva quantità di dazi che erano in vigore a quell’epoca. Questo portò Grimaldi a confrontarsi con le leggi e i funzionari del regno di Napoli – per tentare di rendere più flessibile il commercio – ai quali avanzò alcune proposte, accolte con entusiasmo dal primo ministro John Acton che lo nominò assessore del Consiglio Supremo delle Finanze. Da illuminista puntò tutto sull’efficienza e sul benessere economico per la creazione di un tessuto sociale che avrebbe tirato fuori la Calabria dall’arretratezza e dalla miseria che il terremoto del 1783 inflisse sulla regione. Forte della notorietà derivata dai suoi libri e dalla sua carica politica, Grimaldi portò avanti alcune iniziative che aiutarono cittadini e agricoltori a superare la crisi successiva al sisma: Fu tra i promotori della Cassa Sacra, un’istituzione governativa il cui scopo era quello di gestire i beni espropriati alla chiesa e favorirne la ricostruzione. Nello stesso periodo fondò, a Reggio Calabria, un istituto professionale per insegnare l’arte di “tirare” la seta, istituto che venne chiuso dopo pochi anni. Durante il periodo della rivoluzione francese, re Ferdinando IV cominciò a nutrire sospetti verso gli intellettuali e soprattutto i progressisti. Insieme a Giuseppe Maria Galanti, illuminista napoletano, avrebbero fondato la Società Patriottica per la Calabria di cui Grimaldi sarebbe diventato presidente. Ma i tempi erano cambiati e la sua proposta, avanzata dallo stesso Galanti, fu rifiutata.

 

Fu arrestato nel 1799 in quanto appartenente alla Massoneria e quindi accusato dell’omicidio di Giovanni Pinelli. Nello stesso anno suo figlio – tra i promotori della Repubblica Napoletana – fu arrestato e poi ucciso. Domenico Grimaldi si spense a Reggio Calabria il 5 Novembre del 1805. Come gran parte degli intellettuali e personaggi innovatori, anche Grimaldi non poté dare il contributo, che aveva minuziosamente pianificato, all’economia calabrese. Altri, dopo di lui, provarono a modificare l’assetto produttivo della regione scontrandosi, ancora una volta, con un tessuto sociale poco avvezzo alla sperimentazione.

 

  • Francesco Antonio Grimaldi

Nato a Seminara il 10 Maggio 1741 in una famiglia aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota famiglia di Genova, dei principi di Monaco apparteneva al ramo dei Grimaldi in Calabria e discendeva da Lanfranco secondo signore di Monaco. Ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi di Seminara, un uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi nelle sue proprietà terriere (peraltro non molto estese). Non essendo molto ricco, il padre lo avviò agli studi giuridici in previsione di una possibile professione forense. Francescantonio fu pertanto inviato a Napoli , dove si trovava già il fratello maggiore Domenico; all'Università conobbe il filosofo Antonio Genovesi e gli allievi di quest'ultimo.

Esercitò per poco tempo la professione di avvocato, che abbandonò presto per dedicarsi ai grandi problemi sociali e intellettuali dell'età dei lumi. Se il riformismo di Giannone, per il suo carattere politico, aveva concentrato l'interesse speculativo sui rapporti fra lo Stato e la Chiesa, la scuola di Genovesi lo spostò dal campo giusnaturalistico a quello economico-sociale nel tentativo di indagare sulle cause dell'arretratezza del Mezzogiorno. 

Come il fratello Domenico, che nel frattempo si trasferito a Genova ed era stato accolto nel patriziato locale, anche Francescantonio Grimaldi cominciò a interessarsi alle vicende culturali e politiche della Repubblica di Genova: volle anch'egli essere iscritto fra i patrizi di quella città, esprimendo la convinzione che l'aristocrazia genovese avrebbe dovuto riprendere la funzione, svolta nei secoli precedenti, di classe dirigente della Repubblica. La sua cultura giuridica fu alla base della prima opera, in lingua latina, dedicata al diritto testamentario nel mondo classico. Fu pertanto fautore, all'opposto degli altri illuministi, del Fedecommesso, istituzione risalente alla Roma antica e prediletta dalla classe aristocratica. Nel 1775 Francescantonio Grimaldi divenne maestro venerabile della loggia massonica  Humanité, di rito francese, mentre alcuni fra i suoi più cari amici (per es., Domenico Cirillo, Francesco Longano, Francesco Mario Pagano, Gaetano Filangieri) aderivano a logge di rito inglese.

Nel 1777 Francescantonio Grimaldi si dedicherà ad analizzare la questione dell'etica. Partendo dalla filosofia antica, egli cercò di analizzare il rapporto fra l'uomo e la società. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei "sentimenti fisici", diventerebbe un bruto. Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza umana" apparso in tre volumi negli anni 1779-1780. In opposizione al pensiero non solo di Morelly e Rousseau, ma anche degli altri illuministi napoletani quali Filangieri, Longano e Pagano, Grimaldi sostenne che, in natura, gli uomini non erano uguali e che le differenze, sia fisiche che morali, avevano origini soprattutto ambientali (per es., il clima, la diffusione delle malattie). La società era non uno stato di corruzione, ma lo stato "naturale" dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime era giustificata dall'ineguaglianza degli uomini. La stessa educazione dei popoli non sarebbe riuscita ad appianare tali disuguaglianze.

L'ultima grande opera del Grimaldi furono gli Annali del Regno di Napoli, un'opera storiografica sul modello degli Annali d'Italia del Muratori. Grimaldi pubblicò i primi cinque tomi; la morte gli impedì di completare l'opera che fu proseguita per altri tre tomi dall'amico Giuseppe Cestari, il futuro autore della Costituzione repubblicana del 1799.

L'ultima attività del Grimaldi fu la Descrizione de' tremuoti accaduti nella Calabria nel 1783, in seguito al terremoti del 1783, pubblicata postuma a cura di Cestari, il quale nell'introduzione anonima "Lettera a un amico" diede notizia della morte del Grimaldi.

 

  • Francesco Antonio Grimaldi

Nato a Seminara il 1743, giustiziato a Napoli il 1799.

Cavaliere Gerosolimitano, Colonnello di fanteria e martire della Repubblica Napoletana.

 

  • Angelo Gerace

Frate dell’ordine minore dei Francescani, visse intorno al 600. Fu guardiano del cenobio di Betlemme e vicario della Terra santa, per le sue doti oratorie e per la sua conoscenza sui problemi di altri popoli fu inviato dal pontefice Paolo V in Egitto e fu successivamente nominato guardiano del Gran sepolcro.

 

  • Francesco Franco

Nato a Seminara nel 1700, morto nel 1777.  Vescovo teologo fu molto apprezzato da Papa Clemente XIII che per la stima gli concesse il titolo di Conte di Roma fu assistente al soglio pontificio e fu Vescovo di Bitetto e Nicotera. In periodo spagnolo si mettono in luce due cittadini seminaresi, che, unitamente a tantissimi altri della Piana e del regno tutto, si sollevano in armi per combattere anche in posti lontani a favore della Cristianità e contro l'imperversare del pericolo maomettano. Nel 1535 è presente con Carlo V all'assalto di Tunisi il valoroso capitano Giovanni Perrello, che, dice il Gualtieri, «anchor che avesse ricevuto una palla di archibugio nella coscia», continuava a combattere. Altro buon elemento si configura Vincenzo Passacolò detto il Monaco, che nel 1570 partecipa alla battaglia di Lepanto con due galere, di cui una da lui stesso comandata aveva per bandiera la Ventura.

 

 

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